Il padiglione delle dune, di Roberto Stevenson

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Mi sento di dire che questo lavoro di Stevenson, sempre piacevole, è la narrazione di una storia che si inserisce in un improbabile contesto storico e su pregiudizi, come quelli, abbastanza comici, che riguardano la carboneria italiana.

Due amici, Northmour e Casillis, si ritrovano su un’isola dove il primo è giunto per nascondere e proteggere un banchiere Huddlestone, che fugge a seguito della sua bancarotta ed è inseguito dai feroci e vendicativi carbonari italiani che avevano messo nella banca un cospicuo deposito per fare una rivoluzione che non è stata possibile (e mai lo sará).

Casillis, invece, si trova in quei posti insidiosi, dove è stato ospite dell’amico/nemico Norhmour nove anni prima, per puro caso, una sorta di ritorno nella memoria nel suo vagabondare.

Entrambi sono travolti dall’amore per Clara, la figlia incolpevole di Huddlestone. Ma mentre per Northmour ella è la mercé della sua esposizione per nascondere e salvare il padre (che vuole espatriare in un’isola del sudamerica con il Red Earl di Northmour), per Casillis si tratta di un’attrazione gratuita e irrefrenabile, un colpo di fulmine che, tuttavia, si concluderà con un matrimonio felice.

Assediati dai carbonari italiani, gli assediati dovranno fare i conti con la rivalità tra i due giovani.

Una storia, quella di Stevenson, che mescola avventura, coraggio, morte, viltá e amore.

Un classico che si puó continuare a leggere senza stancarsi, senza sentire il peso degli anni che sono passati dalla sua stesura.