mercoledì 30 ottobre 2013

Malombra, di Antonio Fogazzaro


Corrado Silla, giovane e sconosciuto scrittore, viene chiamato a R. dal conte Cesare d'Ormengo per scrivere un libro di scienze politiche. Cesare vuole dargli una mano: sa che il ragazzo, figlio di una sua cara amica scomparsa, è in difficoltà economica. Silla si presenta nel suo Palazzo senza conoscere il conte, che lo ha invitato tramite una lettera. Cesare gli rivela l'amicizia che lo legava alla madre, quindi lo scrittore decide di rimanere con lui. Nella casa del conte, Corrado stringe amicizia con il segretario tedesco Steinnegge. Poi conosce la marchesina Marina Crusnelli di Malombra, nipote di Cesare per parte di madre, e se ne invaghisce. Ma lei, nonostante provi gli stessi sentimenti nei suoi confronti, lo respinge mostrandosi fredda e pungente, pensando che il giovane sia il figlio illegittimo dello zio e che voglia sposarla per avere i suoi beni. Marina è misteriosa e attraente. Nasconde un segreto: a causa di alcuni oggetti ritrovati in uno stipo segreto, si crede la reincarnazione di una sua antenata di nome Cecilia Varrega. Infatti le parole del manoscritto trovato tra quelli oggetti, firmato dalla prima moglie del nonno materno, esortavano chiunque le leggesse a credersi la nuova incarnazione di Cecilia. È nata dunque in Marina l’idea di vendicare Cecilia, che a causa del suo tradimento era stata segregata nel Palazzo dal marito fino a morirne. Il conte Cesare, con il quale Marina ha rapporti conflittuali, è il figlio dell'oppressore di Cecilia, per cui anche l'obiettivo della vendetta.
Dopo la scoperta di quelli oggetti, la marchesina ha letto per caso il libro Un sogno, scritto dall'autore Lorenzo, che altri non è che Silla. La giovane ha deciso di scrivere una lettera al tale per chiedergli cosa pensasse della libertà e della plurimità delle esistenze. Silla le ha risposto, illudendosi di avere a che fare con una nobil donna dai saldi valori. È così iniziata tra i due un'amorosa corrispondenza epistolare, che lui ha deciso di interrompere a causa dello spirito pungente di lei. Dall'altra parte, Marina, che si firmava con il nome di Cecilia, è rimasta delusa dalle pretese dello scrittore, che voleva un legame filosofico sentimentale.
Ora al Palazzo Silla le ha inviato un'altra lettera, che attribuisce ad una notte insonne. Durante una partita a scacchi, Marina gli dice di essere stata offesa da alcune parole, che il giovane riconosce come quelle della sua epistola. Corrado si accorge così che la marchesina è la sua corrispondente Cecilia.
Intanto, Marina continua ad offenderlo pubblicamente, e allora Silla rinuncia al suo incarico presso il conte e decide di ritornare a Milano (la prima causa è il timore di avvicinarsi a Marina). Ma nella notte, prima di partire, incontra la marchesina sul lago, a bordo della sua lancia Saetta. Lei lo aggredisce pensando che sia venuto a spiarla, ma lui protesta la sua lealtà. Nel frattempo sorge una tempesta, e la luce di un lampo illumina lo sguardo della marchesina, che esprime senza parole i suoi sentimenti per Corrado. Lo scrittore riesce a riportare Saetta al sicuro nella darsena. Marina inciampa scendendo dalla lancia e cade tra le braccia di Silla, che la stringe e le sussurra il nome di Cecilia. Poi il ragazzo si allontana, mentre Marina capisce che lui e Lorenzo sono la stessa persona.
Corrado non è più a R. e intanto viene combinato un matrimonio tra Marina e un suo cugino, Nepo, che vuole sposare la marchesina per ottenere le ricchezze del conte. Questo si è presentato nel Palazzo di Cesare insieme alla madre, la contessa Fosca, cugina del d'Ormengo. Con loro, la dolce Edith, che ha trovato la strada del Palazzo grazie alla guida della mamma di Nepo. Lei ha subito chiesto di Steinnegge, e quando lo ha incontrato gli ha detto di avere notizie della figlia che lui è stato costretto a lasciare anni addietro. Poi gli ha rivelato di essere la figlia stessa. Tra i due Steinnegge si è subito instaurato un bellissimo rapporto. Ma Edith, molto religiosa, teme che il padre, non credente, non riceva la ricompensa divina dopo la morte e che, quindi, venga separato da lei. È dunque suo intento ricondurre Steinnegge alla fede, ma senza costrizioni. È importante che il buon segretario di Cesare, nonostante la sua avversione per i preti, provi immediata simpatia per don Innocenzo, che diventa grande amico suo e della figlia. Marina stima Edith, pur consapevole di un sentimento avverso (la marchesina disprezza Steinnegge). Sa che il segretario di suo zio ha accettato la proposta della figlia: trasferirsi a Milano, dove lui si guadagnerebbe da vivere dando lezioni di lingua tedesca (questo sarà il nuovo mestiere di Steinnegge). A Milano vive anche Silla, così Marina chiede ad Edith di farle avere notizie di lui. Inoltre accetta con dolore la proposta di matrimonio di Nepo, affinché Edith possa riferire delle nozze a Corrado (in questo modo spera di arrivare all'amore dello scrittore).
Silla ed Edith si trovano a Milano. Il giovane è ora un allievo del suo caro amico Steinnegge. Nasce in lui un sentimento per la figlia dell'insegnante, ed è ricambiato nel suo amore. Non lo infastidisce sentir parlare del matrimonio di Marina (non sa che in realtà non si è ancora celebrato); ha lentamente dimenticato la torbida passione che provava per la marchesina gettandosi negli studi (sensualismo sublimato presente in tutte le opere di Fogazzaro). Il sentimento che ora nutre per Edith si basa principalmente sulla speranza di un legame tra due anime, non si riduce a cruda passione sensuale. Con la ragazza Silla riesce ad esprimere i suoi principi e, quindi, a manifestare il suo valore. Edith lo comprende benissimo, essendo un'anima a lui congeniale. Durante una conversazione, Corrado promette ad Edith una copia del libro Un sogno. La ragazza sembra entusiasta, ma quando lo scrittore le porta il racconto a casa, Steinnegge lo accoglie amichevolmente, mentre la figlia pare non prestargli molta attenzione. Dunque Silla viene per la terza volta respinto, anche se con sofferenza: Edith lo ama, ma non vuole lasciare solo il padre, da cui lei si allontanerebbe accettando l'amore di Corrado. Questo intanto ricomincia a pensare a Marina, che gli risveglia i sensi. Con sua sorpresa riceve un telegramma della marchesina, che lo richiama a R.: il conte è malato. Marina è la reale causa del malessere di Cesare, che ha subito uno shock quando la nipote gli ha gridato di essere Cecilia, tornata per vendicarsi.
Il ritorno di Corrado alla villa accentua la pazzia di Marina, che crede di vedere in lui l'antico amante di Cecilia, l'ufficiale Renato. Quando i due si rivedono, Silla si dimostra appassionato, e la marchesina gli dà appuntamento per la sera successiva. Intanto Edith e Steinnegge ritornano a R. per far visita a don Innocenzo, presso cui padre e figlia rimarranno ospiti per qualche tempo. Il loro arrivo era già stato annunciato al prete da Edith, che tramite lettera gli aveva detto di dovergli parlare. Ora gli svela il suo amore per Silla e la ragione del suo rifiuto. Confessa anche di temere che Corrado sia venuto a R. perché d'accordo con Marina, e che il giovane compia azioni disoneste. Don Innocenzo allora le consiglia di scrivergli e rivelargli la ragione del suo gesto, affinché il ragazzo si risollevi.
La sera Silla incontra Marina, che lo porta nella sua stanza. Lui desidera l'amore, ma lei vuole prima convincerlo della sua reincarnazione, quindi gli fa leggere il manoscritto dell'antenata. Silla non crede alla storia di Cecilia e Renato. Marina vuole la collaborazione di Corrado nella punizione del conte, cosa che il giovane rifiuta quando si rende conto della pazzia della marchesina: la cameriera di Marina, sorpresa nel trovare lo scrittore insieme alla sua padrona, riferisce che Cesare sta morendo; la nipote sembra tutt'altro che dispiaciuta (il suo piano sta avendo successo). Il conte muore, ma Marina non gli porta rispetto e continua a rinfacciargli la vendetta di Cecilia. Silla allora la porta fuori dalla camera del deceduto. Quando esce dalla stanza di lei, il ragazzo incontra Steinnegge (venuto a trovarlo al Palazzo). L'amico gli parla, ma lui non risponde. Prima che Steinnegge se ne vada, il giovane gli dice di riferire ad Edith che lui è caduto in fondo. L'uomo non comprende perché debba riferire queste parole proprio alla figlia (solo poi si renderà conto dell'affetto che la sua bambina provava per Silla). In seguito Corrado si sente disonorato per ciò che stava per fare con Marina. Trova la lettera di Edith, la legge, ma ormai è tardi. Successivamente viene a sapere che la marchesina desidera che egli parta. Lui non vuole lasciarla (privo di ogni sentimento, è deciso a sposarla, nonostante la pazzia di lei), ma lentamente si convince. Marina stessa lo chiama nella sua stanza per chiedergli di lasciare R.. Silla si mostra disposto ad esaudire il volere della ragazza, persino indifferente al fatto che lei si ricongiunga a Nepo (andato via dopo la morte di Cesare, che non ha intestato a lui alcun bene). Esce quindi dalla camera della marchesina, che si adira del fatto che lui non si sia reso conto che si trattava di una prova. Corrado deve andar via, ma viene convinto a rimandare la partenza dopo il pranzo organizzato in loggia da Marina. Il giovane però non vi prende parte, e lavora nel salotto accanto alla loggia.

Marina è sempre più preda della pazzia. L’ossessione della donna giunge al parossismo e, pensando che lo scrittore non la ami più, perde definitivamente il lume della ragione, si avvicina a Corrado nel salotto e, dopo avergli augurato un buon viaggio, lo uccide con un colpo di pistola. Poi riesce a fuggire, nonostante il tentativo da parte degli invitati al pranzo di fermarla. Scompare in Val Malombra. Edith piange amaramente l'amato. Non può neanche difenderlo dalle critiche che gli si muovono: viene considerato un poco di buono perché si pensa che egli fosse tornato a R. d'accordo con la "matta". Ma Edith sa che non è così e ricorderà sempre Silla come un ragazzo pieno di virtù.

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Leila, di Antonio Fogazzzaro


Iniziato nel 1905, Leila, l'ultimo romanzo di Fogazzaro fu presentato a Milano l'11 novembre 1910 ma era già noto da una diecina di giorni: infatti il 10 novembre il critico Giuseppe Antonio Borgese poteva già scriveva dalle colonne de La Stampa di Torino che «i personaggi di Leila partecipano vivamente alla vita dello spirito. Vi sono i rappresentanti dell'estrema destra, l'arciprete don Tita, il canonico don Emanuele, le bizzochere che fan loro bordone, gente di costumi immacolati, ma di cuor gretto e di mente chiusa, cristiani osservantissimi secondo la lettera, ma ignari di ciò che sia veramente la fede e la carità, sepolcri imbiancati. La gente di mal costume, il losco sior Momi, padre di Leila, la madre galante, i furbi e gl'imbroglioni fan lega con costoro: sante alleanze.
L'estrema sinistra è rappresentata, fino a un certo punto, da Massimo Alberti. Egli è divenuto un vero e proprio modernista. Scolaro ed amico del Santo, ne ha portato tropp'oltre gli insegnamenti, è giunto a credere che l'organismo del cattolicesimo è consunto, e che dalla Chiesa esaurita nascerà una nuova fede migliore, come dalla Sinagoga nacque la Chiesa [...] Leila è l'estrema ombra fuggiasca di quella figura femminile che ha per lunghi anni tormentato la fantasia di Fogazzaro, l'estrema progenie spirituale di quella "sciura Luisa", devota a un'altra fede morale nel cuore, vagamente e capricciosamente ribelle alla Chiesa nella sua piccola mente irrequieta. Ma è appena un'ombra, è appena un ricordo. Le sue crisi sono scatti di nervi provocati da onde torbide di sensualità».
Fogazzaro scrisse di aver voluto, col nuovo romanzo, presentare una «propaganda religiosa e morale conforme alle mie profonde convinzioni cristiane e cattoliche, ottenuta rappresentando un'anima ignara delle lotte che oggi straziano la Chiesa, penetrata di Vangelo e ferma nelle credenze tradizionali», così che il libro deluse tanto i cattolici progressisti che i conservatori e fu condannato dalla Chiesa.
Gli ultimi mesi della sua vita furono segnati dalla delusione e dal senso di aver fatto il proprio tempo. Era molto malato e alla fine di febbraio venne ricoverato all'Ospedale di Vicenza: operato il 4 marzo 1911, si aggravò rapidamente; il 7 marzo ricevette l'unzione degli infermi: «con le labbra già bianche della morte, l'agonizzante rispose con l'ultimo soffio di voce alle preghiere della Chiesa: amen. E chi gli era vicino comprese che egli si era addormentato in lumine Vitae».


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Delitto ideale, di Luigi Capuana



Si tratta dell'ultimo lavoro letterario di Luigi Capuana, pubblicato nel 1902. E' una raccolta di racconti le cui trame ruotano attorno al tema del delitto e della psiche umana.
Sicuramente, la capacità di narrazione dell'autore si dimostra, ancora una volta, coinvolgente e mai banale nel riflettere sulle motivazioni che spingono l'uomo al delitto.

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Cardello, di Luigi Capuana


"Non mi par vero! Quando si dice la sorte, il destino! Burattinaio, servitore - com'ero buffo, non posso neppure pensarci! - ed ora in procinto di essere stovigliaio. Chi avrebbe mai potuto immaginarlo?" Già, lo ripete sempre Calogero detto Cardello: "Ognuno ha il suo destino". E lui quella straordinaria e improvvisa fortuna, la fabbrica di stoviglie smaltate e i soldi dalla Piemontese, se l'è davvero meritata. Lavorando onestamente, ma soprattutto grazie alla lealtà e alla purezza incondizionata del suo cuore, transitato indenne attraverso le burrasche dell'infanzia e di una giovinezza diffivile. Fiaba limpidissima e intensa, Cardello è an che il racconto della formazione di un'identità. Un bambino organo che diviene uomo senza perdere lo stupore e l'entusiasmo di un tempo, la fiducia nella ricerca del secondo padre che troverà, dopo tanto pensare, proprio nel piemontese.



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martedì 29 ottobre 2013

Giacinta, di Luigi Capuana


Nel 1879 Capuana pubblica "Giacinta", il suo primo romanzo. In esso si racconta di una donna che subisce una violenza sessuale da bambina ed è costretta a scontare questa "colpa" per tutta la sua vita, fino al suicidio. E' più che evidente la crittica implicita dell'autore a questo pregudizio sociale. 
E' anche interessante la presenza di un medioo, uno scienziato, che con la propria razionalità non riesce a penetrare la complessità della condizione femminile della protagonista nè il meccanismo autodistruttivo che è in atto in ella. Non a casa la soluzione che il medico riuscirà a dare alla donna è nello strumento che le offre, involontariamente, per togliersi la vita, Il curaro che doveva servire come medicinale per il padre, infatti, le darà la morte.
"Giacinta" fu il primo romanzo naturalista ad uscire in Italia e venne bollato come "immorale"

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Il tempio della veritá, di Glen Cooper


Miami, gennaio 2020. Gli Stati Uniti d’America sono sconvolti: il figlio del senatore John Killian, candidato alla Casa Bianca, è stato rapito. Mentre i giornali già parlano di una nuova ondata terroristica, l’FBI è convinta che il responsabile sia Cameron MacDonald, guardia del corpo del senatore, e concentra le indagini su di lui. In preda alla disperazione, Cameron non sa più come difendersi e chiede aiuto a Will Piper, facendo appello alla loro vecchia amicizia. Will non esita nemmeno per un istante: lascia la barca ormeggiata a Panama City, dove si è trasferito quando è andato in pensione, e raggiunge Miami. Ma ben presto l’alibi di Cameron si sgretola e le strade verso la sua innocenza si chiudono tutte, a una a una. A meno che Will non si decida a imboccare quella che porta nell’Area 51, il luogo in cui è conservata la Biblioteca dei Morti..

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lunedì 28 ottobre 2013

domenica 27 ottobre 2013

Daniele Cortis, di Antonio Fogazzaro


L'opera narra l'amore impossibile tra Daniele Cortis, giovane idealista cristiano, e la cugina Elena, sposata ad un uomo che non la comprende. Dietro la vicenda, tuttavia, si articola il conflitto tra interesse politico e fede individuale.

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Matr'impicca, di Vittorio Imbriani


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Le donne del vento arabo, di Razan Moghrabi



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venerdì 25 ottobre 2013

I giorni veri, di Giovanna Zangrandi


In questi giorni ho letto sui giornali quanto accade in alcuni licei romani, prima con l'invasione ripetuta di gruppi di giovani fascisti con l'atteggiamento passivo di dirigenti scolastici e professori, poi con l'allontanamento del presidio dell'ANPI. É di fronte a questi avvenimenti che sento il bisogno di ritornare alla memoria, di leggere qualcosa che mi ricordi chi siamo e da dove veniamo, che mi ricordi i nostri “giorni veri” e devo dire che trovare questo libro durante una delle mie ricerche mi ha colpito immediatamente e difficilmente avrei potuto trovare un titolo piú coerente con il mio stato d'animo.
Il libro é un diario dei giorni che vanno dall'otto settembre alla liberazione. Nella narrazione dell'autrice, una partigiana, nell'ambiente del Cadore, vicino al confine che i nazisti hanno innalzato dopo l'8 settembre 1943 per affermare l'appartenenza di Trento e Bolzano nel territorio del Reicht.
Non ci sono solo le annotazioni che, prima della nascita delle prime formazioni partigiane, separano gli italiani dalla gente del luogo, ma anche tutta la fase che porta alla formazione dei primi raggruppamenti partigiani e il loro collegamento all'interno e verso l'esterno.
Si parte dalle azioni, in collaborazione con i ferrovieri, per liberare i prigionieri che le tradotte portano al campo di smistamento di Bolzano. Oltre a questo c'é il soccorso verso i militari sbandati e, poi, a quelli che riescono a scappare dai campi di detenzione tedeschi. E, infine, tutta la narrazione della guerra partigiana come l'hanno raccontata tanti altri protagonisti di quei momenti.
Ho trovato interessante, inoltre, un'operazione molto stimolante dell'autrice é quella delle sue riflessioni sulla necessitá di una nuova grammatica della liberazione, di quello che avrebbe dovuto essere un nuovo mondo.
Credo che tutti dovrebbero sentire la necessità di riprendere un libro sulla resistenza e riflettere non solo sui sacrifici che hanno dovuto sostenere gli eroi di quegli anni ma anche, e soprattutto, su quei sogni che li motivavano a mettere in gioco la loro vita.

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La maestra degli operai, di Edmondo De Amicis


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La maestra Varetti insegna in un sobborgo del torinese, Sant'Antonio, sul finire dell'Ottocento. Sant'Antonio è una realtà industriale e operaia, in cui la donna ha ottenuto l'incarico di istruire una classe serale composta da uomini tra i dieci e i cinquant'anni. L'incarico è certamente arduo per la signorina Varetti che lo vive come una punizione. La maestra Varetti, infatti, proviene da una famiglia nobile, cresciuta in collegio, di carattere è pudica e timida per natura. La narrazione si complica con l'arrivo di un giovane che decide di frequentare le lezioni solo per importunarla. Il giovane finisce per innamorarsi della maestra. Nel racconto si susseguono vari personaggi che sono accomunati dalla sostanziale incomprensione del mondo che li circonda, dal pregiudizio nei confronti della classe operaia.

Il podere, di Federigo Tozzi


In questo romanzo Tozzi cerca di recuperare, pur senza rinnegare le sue precedenti innovazioni, uno stile e una forma più tradizionali. Descrive un mondo di ansia, angoscia e paura determinato dall'impatto con la realtà che è minacciosa, incombente, aggressiva. È un mondo fatto di traumi, ferite sempre aperte, lesioni profonde della personalità. I personaggi non ne hanno la cognizione, ma ne vengono influenzati e si comportano illogicamente grazie a questi impulsi inconsci.
Il protagonista è Remigio, che alla morte del padre riceve in eredità un podere, contesogli sia dalla matrigna che dalla vecchia amante del padre. È essenzialmente la storia di un inetto che subisce la crudeltà umana: Remigio infatti respinge il modello propostogli dal padre ma non sa trovare una valida alternativa, per cui non riesce ad essere un buon padrone, non sa comandare e farsi rispettare dai suoi sottoposti. Tutti sono contro di lui perché secondo la loro ottica chi non sa amministrare è un pericolo sociale e come tale deve essere allontanato il più presto possibile. Alla fine, uno di loro, Berto, che lo odia apparentemente senza ragione, lo uccide.

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Addio Jack!, di Jack London


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L'Infedele, di Matilde Serao


Un galateo fin de siècle delle passioni, descritto dalla penna inesauribile di Matilde Serao attraverso quattro racconti di amori nati e bruciati rapidamente: c’è la passione che si consuma tra fedeltà e infedeltà in un singolare triangolo amoroso, quella che si infrange contro i dubbi di una confessione tra amanti, quella che si tormenta nell’attesa di un incontro incerto, fino alla passione che, ormai trasformata in ricordo, può essere catalogata insieme agli oggetti insignificanti di un personale museo. Sullo sfondo, un microcosmo aristocratico e alto-borghese, chiuso nei suoi riti codificati come nell’eleganza dei suoi salotti. E un fantasma inquietante: “che la vita nella sua più alta espressione, che è l’amore”, sia solo “un vano e miserabile sogno”.

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lunedì 21 ottobre 2013

sabato 19 ottobre 2013

domenica 13 ottobre 2013

Corri Nadir, di Michele Maggi


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Le virtú di Checchina, di Matilde Serao


Il romanzo La virtù di Checchina, capolavoro della Serao, dopo essere apparso a puntate sulla Domenica Letteraria, venne pubblicato a Catania nel 1884. Ne è protagonista la giovane e piacente Checchina, sposata ad un medico avaro ed insensibile che non la comprende. Ormai rassegnata ad una vita grigia e monotona, Checchina riscopre la gioia grazie alle attenzioni di un marchese, invitato a cena nella loro casa dallo stesso marito. Decisa a concedersi, la ragazza riuscirà, a tal fine, a superare tutte le difficoltà pratiche tranne una...

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Annalena Bilsini, di Grazia Deledda


Annalena Bilsini è vedova e a capo di una famiglia che comprende cinque figli maschi, lo zio Dionisio, la nuora Gina e due nipotini. Il secondogenito, Pietro, è nell'esercito. La famiglia ha la possibilità di affittare un nuovo fondo a delle buone condizioni, vi si trasferisce, e trascorre l'inverno lavorando duramente la terra, da molto tempo abbandonata. Il loro obiettivo è di ripristinare la loro situazione economica, in notevole declino a causa degli sperperi della generazione precedente. L'inverno è particolarmente freddo, e sembra che possa distruggere i frutti del loro lavoro. Per Natale, però, la tanto attesa neve arriva a proteggere le colture.
Durante la cena di Natale, inaspettatamente Pietro torna a casa in licenza, accompagnato dalla giovane sorella di Gina, Isabella. Pietro prova a sedurre Gina, scontenta del suo matrimonio, ma lei gli resiste. Annalena sembra accorgersene, ma la faccenda viene taciuta da tutti. Per sviare i sospetti, Pietro decide di fidanzarsi con Isabella, la cui famiglia è benestante.
Nella primavera le coltivazioni della famiglia sono molto buone, e il ricavato può permettere loro di pagare il fitto della terra e acquistare altri capi di bestiame. Il padrone, il ricco commerciante di scope Urbano Giannini, diventa un amico di famiglia, colpito particolarmente dalla forza d'animo di Annalena. Il suo matrimonio è in crisi, la moglie è sull'orlo della pazzia, e la sua unica figlia Lia ha intenzione di diventare monaca. Egli cerca di stabilire una relazione con Annalena, ma quest'ultima, per quanto attratta e tentata, mantiene le distanze.
Pietro torna a casa al termine del servizio di leva. Il suo fidanzamento con Isabella non lo rende felice. Confida a un fratello la sua intenzione di lasciare Isabella e mettersi assieme a Lia, anch'essa molto ricca. Una sera, dopo essere stata in un villaggio vicino a trovare i nonni, Lia scompare. Suo padre trascorre i giorni successivi alla sua ricerca, senza frutto. La voce giunge a casa della famiglia Bilsini: i sospetti sembrano cadere su Pietro, che nel giorno della scomparsa di Lia era fuori casa. Lo zio Dioniso ha un alterco con lui, in seguito al quale le sue condizioni di salute precipitano e lo portano alla morte. Lia viene trovata sana e salva in un convento vicino. Pietro, sentendosi colpevole della morte dello zio, sembra maturare e a cominciare a voler bene a Isabella

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venerdì 11 ottobre 2013

domenica 6 ottobre 2013

Vita da precari, AA.VV.


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Le Rose dell'Islam, a cura di Warda al-Din


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La primavera araba si racconta, a cura di Rabie al-Arabi


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A sinistra, di Grazia Deledda


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Cosima, di Grazia Deledda


Questo romanzo breve della Deledda, pubblicato dopo la morte dell'autrice, ha un carattere spiccatamente autobiografico. Narra infatti la storia di una bambina sensibile, che crescendo troverà la strada di una vocazione letteraria osteggiata dai familiari, ma che ella sentirà tanto più viva e intensa con il proseguire delle sue esperienze narrative.
La Deledda in quest'opera ha attinto a molte delle sue conoscenze: tra i suoi familiari, tra i suoi parenti, tutto per ricreare una corte di personaggi ricalcanti i caratteri e i sentimenti delle persone da lei conosciute.
Si scoprirà una Deledda sensibile, sfiduciata, che avrà timori puerili come quelli di esser brutta, o di non trovare marito, ma anche slanci amorevoli, di comprensione, verso gli altri. Quella che ci viene presentata è una ragazza che cerca in tutti i modi di essere emancipata, che agogna il successo solo come mezzo per essere indipendente, evitando l'incensamento e l'autoincensamento.
Vengono narrati i primi amori della giovane, le sue doti anticonformiste, l'ostracismo di un paese che vede nella letteratura, soprattutto se al femminile, un metodo per traviare le giovincelle con arti demoniache.
In "Cosima" ci viene presentato un mondo dai 
colori tenui, soffusi, ruotante attorno alle vicende interiori della protagonista, dove i temi di approfondimento psicologici cari alla scrittrice sarda, divengono mezzi di autoanalisi per esaminare le proprie intime aspirazioni, tra estro letterario, aspirazioni e sogni, amori adolescenziali, successi artistici.
Un mondo interiore vivido, sentimentale, sensibile: una dimensione della letteratura al femminile incentrata sull'esperienza di una femminilità spiccatamente delicata e sensualmente estroversa.

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Cenere, di Grazia Deledda


Una giovane donna, Olì, appare nelle prime pagine del romanzo e ricompare solo nelle ultime per concludere tragicamente una storia di cui rimane protagonista assoluta, pur nascosta dietro il lungo svolgimento di una vicenda d’assenza solo apparente. La ragazza, poverissima e perdutamente infatuata di un uomo bugiardo e già ammogliato, che la illude di poterla un giorno fare sua legittimamente, cacciata di casa a causa dell’imminente maternità, si allontana dal paese e fa sparire ogni traccia di sé dopo aver abbandonato il figlio davanti all’abitazione del padre naturale. Il bambino, Anania, verrà riconosciuto e allevato nella casa paterna, amorevolmente e altruisticamente accudito dalla madre adottiva.
In apparenza, il romanzo Cenere gravita attorno alla figura del giovane Anania, il quale, grazie all’aiuto economico di un benefattore, tenta l’affrancamento dal proprio destino di ignoranza e miseria, recandosi prima a Nuoro, poi a Cagliari e infine a Roma, per intraprendere gli studi giuridici. E intanto, nel suo cuore coltiva, ricambiato, un amore dapprima infantile e via via sempre più coinvolgente per Margherita, la figlia del suo padrino. In realtà, tutto il lungo peregrinare di Anania, è indirizzato all’ossessiva ricerca della madre, amata e detestata, dal cui ritrovamento, accompagnato dalla diretta conoscenza della realtà indecente e oscura della sua vita, egli crede di poter trarre liberazione e riscatto. Questo è, alla fine, il vero scopo, la meta parossistica dell’intera esistenza del giovane: ritrovare quella madre spregevole e vile, eppure adorata e rimpianta perché mai interamente posseduta.
La ritroverà disperata, ridotta alla fame e, soprattutto, macchiata da una vita disonesta di cui egli aveva implicita coscienza, ma si era sempre intimamente rifiutato di accettare.
La condannerà e le imporrà di legarsi a lui per un’espiazione comune, autodistruttiva e cieca, in nome di un dovere e di un amore filiale che egli stesso vorrebbe disconoscere.
Olì, suicidandosi, porrà fine alla disperata follia del figlio, che ricongiungendosi a lei aveva deciso la propria condanna a morte di fronte al mondo, all’amore, alla felicità.
La figura di Olì, reale eppure celata protagonista del romanzo, fino alla tragica conclusione che la riporta alla ribalta della storia con tutta la caparbietà di una suprema vocazione al martirio, è l’ombra che oscura la fanciullezza e i sogni adolescenziali di Anania; ma nel darsi la morte, la donna non cerca un riscatto personale, bensì la liberazione del figlio, cui regalerà ancora una volta la vita.

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Amori moderni, di Grazia Deledda


La narrativa della Deledda si basa su forti vicende d'amore, di dolore e di morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. È stata ipotizzata una somiglianza con il verismo di Giovanni Verga ma, a volte, anche con il decadentismo di Gabriele D'Annunzio, oltre alla scrittura di Lev Nikolaevic Tolstoj e di Honoré de Balzac di cui tra l'altro la Deledda tradusse in italiano l'Eugenia Grandet. Tuttavia la Deledda esprime una scrittura personale che affonda le sue radici nella conoscenza della cultura e della tradizione sarda, in particolare della Barbagia. Questo libro presenta due racconti sul tema della coppia e dell'amore, della tentazione, del peccato e del senso di colpa: "Amori moderni" e "Colomba".

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giovedì 3 ottobre 2013