Tornato a Roma
- da via Vesalio si era trasferito in via Morgagni - ebbe il tempo di passare
alcuni mesi con la famiglia - la moglie Giulia e il piccolo Delio, oltre alle
cognate Eugenia e Tatiana - che abitano tuttavia in un altro appartamento, in
via Trapani: le squadre fasciste, superato da tempo lo smarrimento provocato
dal delitto Matteotti, avevano piena libertà d'azione e non era prudente
coinvolgere i familiari in loro possibili aggressioni; lo scorso 4 ottobre, a Firenze,
era stato ucciso l'ex-deputato socialista Gaetano Pilati, la stessa casa di
Gramsci era stata messa a soqquadro dalla polizia il 20 ottobre. Mentre gli
esponenti dell'opposizione antifascista prendevano la via dell'emigrazione -
Gobetti, che muore il 6 febbraio 1926, venticinquenne, a Parigi, in conseguenza
delle bastonate squadriste, Amendola, Salvemini - un processo farsa condannava
a una pena simbolica gli assassini di Matteotti, difesi dal capo-squadrista Roberto
Farinacci.
La moglie
Giulia, che aspettava il secondo figlio Giuliano, lasciò l'Italia il 7 agosto e
il mese dopo fu la volta della cognata Eugenia a tornare a Mosca con il figlio
Delio: Gramsci non l'avrebbe più rivisto.
Elaborando
temi già affrontati nelle Tesi di Lione, in settembre Gramsci iniziò a
scrivere un saggio sulla questione meridionale, intitolato Alcuni temi sulla
quistione meridionale, in cui analizzò il periodo dello sviluppo politico
italiano dal 1894, anno dei moti dei contadini siciliani, seguito nel 1898
dall'insurrezione di Milano repressa a cannonate dal governo Di Rudinì. Secondo
Gramsci, la borghesia italiana, impersonata politicamente da Giovanni Giolitti,
di fronte all'insofferenza delle classi emarginate dei contadini meridionali e
degli operai del Nord, piuttosto che allearsi con le forze agrarie, cosa che
avrebbe dovuto comportare una politica di libero scambio e di bassi prezzi
industriali, scelse di favorire il blocco industriale-operaio, con la
conseguente scelta del protezionismo doganale, unita a concessione di libertà
sindacali.
Di fronte
alla persistenza dell'opposizione operaia, manifestatasi anche contro i
dirigenti socialisti riformisti, Giolitti cercò un accordo con i contadini
cattolici del Centro-Nord. Il problema è allora, per Gramsci, di perseguire una
politica di opposizione che rompa l'alleanza borghesia-contadini, facendo
convergere questi ultimi in un'alleanza con la classe operaia.
La società
meridionale, secondo Gramsci, è costituita da tre classi fondamentali:
braccianti e contadini poveri, politicamente inconsapevoli; piccoli e medi
contadini, che non lavorano la terra ma dalla quale ricavano un reddito che
permette loro di vivere in città, spesso come impiegati statali: costoro
disprezzano e temono il lavoratore della terra, e fanno da intermediari al
consenso fra i contadini poveri e la terza classe, costituita dai grandi
proprietari terrieri, i quali a loro volta contribuiscono alla formazione
dell'intellettualità nazionale, con personalità del valore di Benedetto Croce e
di Giustino Fortunato e sono, con quelli, i principali e più raffinati
sostenitori della conservazione di questo blocco agrario. Croce e Fortunato
sono, per Gramsci, «i reazionari più operosi della penisola», «le chiavi di
volta del sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi
figure della reazione italiana».
Per poter
spezzare questo blocco occorrerebbe la formazione di un ceto di intellettuali
medi che interrompa il flusso del consenso fra le due classi estreme, favorendo
così l'alleanza dei contadini poveri con il proletariato urbano.
Se si desidera scaricare il volume in formati PDF
basta cliccare sull'immagine
Nessun commento:
Posta un commento