L'opera ha la forma di un diario,
di cui l'autore, nella prefazione, attribuisce la paternità a un recluso
immaginario che avrebbe ucciso la moglie in un impeto d'odio (Dostoevskij,
invece, era stato arrestato per motivi politici).
I personaggi dell'opera (cioè i
reclusi condannati ai lavori forzati, ma anche i loro carcerieri e le
figure del popolo russo sullo sfondo) sono descritti facendo emergere la loro
nascosta umanità e i loro sentimenti più profondi. L'autore ha così modo di
inserire nel romanzo delle riflessioni di ampio respiro sulla condizione umana,
specialmente riguardo alle speranze che si provano nei momenti di sofferenza.
Il condannato, osserva Dostoevskij, vive attendendo la propria liberazione, e
tale attesa è tanto più insostenibile quanto più il momento agognato si
avvicina, ma poi, giunta la liberazione, ecco che a una sofferenza se ne
sostituisce un'altra non prevista. E pare infine essere questo il destino
dell'essere umano, qualunque sia la sua condizione sociale.
Dostoevskij propone nell'opera,
quale soluzione al circolo vizioso dell'infelicità umana, i precetti semplici
del Vangelo, l'unico libro di cui i condannati potevano tenere una copia.
Difatti, proprio tra i malfattori, tra i dannati (in cui regna
quella morte a cui allude il titolo del romanzo), tra i sofferenti,
sembra ritrovare valore e senso il messaggio della fratellanza umana, della
condivisione di una sorte di dolore (ma anche di insoffocabile speranza) in cui
brilla la luce di piccoli gesti di carità cristiana, come quando i condannati
sacrificano parte del proprio pranzo per dar da mangiare a un cane randagio che
si aggira per il campo. La stessa forza che i cristiani traggono dalla fede in
un Dio redentore è ravvisata dall'autore anche in personaggi di altre
religioni, come l'ebreo che prega ogni sera ondulando il capo oppure il gruppo
di condannati musulmani che, pur nutrendo diffidenza verso il simbolo della Croce,
leggono con interesse il Discorso della Montagna
Nelle Memorie dalla casa dei
morti fanno quindi capolino i grandi valori della tolleranza religiosa,
della libertà dalle prigionie materiali e morali, della indulgenza verso i malfattori,
cioè verso coloro che, pur essendosi macchiati di crimini contro la legge, sono
in definitiva solamente persone più sfortunate e più infelici, e quindi più amate
da Dio, che vuole la salvezza del peccatore e non la sua condanna. Tutto è
dunque proiettato verso "la libertà, una nuova vita, la resurrezione
dai morti...".
Si veda come, a distanza di
vent'anni, questi aspetti caratterizzanti del pensiero del giovane e
progressista Dostoevskij si rovesceranno completamente nelle riflessioni severe
e conservatrici del Diario di uno scrittore.
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