Uscito nel 1912, è forse il più “verista” fra i
racconti del Capuana. Attraverso le vicende, peraltro a lieto fine, del piccolo
protagonista Menu l’Autore affronta il tema dell’emigrazione dei contadini
poveri del meridione verso le Americhe, e in particolare verso gli Stati Uniti,
divenuta nell'ultimo Ottocento e nei primi anni del ’900 un fenomeno sociale di
gigantesche proporzioni. L’emigrazione, agli occhi del disincantato scrittore –
ben documentato sul fenomeno per averlo osservato con attenzione nella natia
Mineo, la Ràbbato del romanzo – è prospettiva dura e magari dolorosa ma, in
certe circostanze, ineluttabile, e va possibilmente trasformata in una
occasione di promozione sociale e culturale. È questo l'insegnamento che i
lettori possono trarre dalla storia di Menu, emigrante volontario e persino
entusiasta a New York, per un misto di infantile curiosità e desiderio di
emulazione dei fratelli e dei compaesani; la "Merica" non è
però per lui una meta definitiva: egli ritorna infatti al paese natio, dopo
aver visto e imparato tante novità e aver avuto a che fare, fra l'altro, con la
malavita organizzata (la temibile "Mano nera"). Reduce dall'avventura
americana durata un anno e mezzo, Menu si ritrova cresciuto umanamente e
culturalmente; il suo tesoro di esperienza, cercherà di farlo fruttare a
beneficio dei suoi compaesani, diventando maestro per insegnar loro un po' di
"americanismo", cioè di libertà e abilità imprenditoriale,
apprese di persona.
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