domenica 6 ottobre 2013

Cenere, di Grazia Deledda


Una giovane donna, Olì, appare nelle prime pagine del romanzo e ricompare solo nelle ultime per concludere tragicamente una storia di cui rimane protagonista assoluta, pur nascosta dietro il lungo svolgimento di una vicenda d’assenza solo apparente. La ragazza, poverissima e perdutamente infatuata di un uomo bugiardo e già ammogliato, che la illude di poterla un giorno fare sua legittimamente, cacciata di casa a causa dell’imminente maternità, si allontana dal paese e fa sparire ogni traccia di sé dopo aver abbandonato il figlio davanti all’abitazione del padre naturale. Il bambino, Anania, verrà riconosciuto e allevato nella casa paterna, amorevolmente e altruisticamente accudito dalla madre adottiva.
In apparenza, il romanzo Cenere gravita attorno alla figura del giovane Anania, il quale, grazie all’aiuto economico di un benefattore, tenta l’affrancamento dal proprio destino di ignoranza e miseria, recandosi prima a Nuoro, poi a Cagliari e infine a Roma, per intraprendere gli studi giuridici. E intanto, nel suo cuore coltiva, ricambiato, un amore dapprima infantile e via via sempre più coinvolgente per Margherita, la figlia del suo padrino. In realtà, tutto il lungo peregrinare di Anania, è indirizzato all’ossessiva ricerca della madre, amata e detestata, dal cui ritrovamento, accompagnato dalla diretta conoscenza della realtà indecente e oscura della sua vita, egli crede di poter trarre liberazione e riscatto. Questo è, alla fine, il vero scopo, la meta parossistica dell’intera esistenza del giovane: ritrovare quella madre spregevole e vile, eppure adorata e rimpianta perché mai interamente posseduta.
La ritroverà disperata, ridotta alla fame e, soprattutto, macchiata da una vita disonesta di cui egli aveva implicita coscienza, ma si era sempre intimamente rifiutato di accettare.
La condannerà e le imporrà di legarsi a lui per un’espiazione comune, autodistruttiva e cieca, in nome di un dovere e di un amore filiale che egli stesso vorrebbe disconoscere.
Olì, suicidandosi, porrà fine alla disperata follia del figlio, che ricongiungendosi a lei aveva deciso la propria condanna a morte di fronte al mondo, all’amore, alla felicità.
La figura di Olì, reale eppure celata protagonista del romanzo, fino alla tragica conclusione che la riporta alla ribalta della storia con tutta la caparbietà di una suprema vocazione al martirio, è l’ombra che oscura la fanciullezza e i sogni adolescenziali di Anania; ma nel darsi la morte, la donna non cerca un riscatto personale, bensì la liberazione del figlio, cui regalerà ancora una volta la vita.

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